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Stefano quel giorno arrivò un poco prima del solito. Aveva dei giornali che leggeva camminando, che continuò a leggere anche nell’attraversare il cortile; e andò dritto dalla nonna per annunziarle che oramai la guerra era una cosa sicura.

La nonna lo guardò senza rispondere, con diffidenza, come non prestasse fede alle sue parole. Ma Annarosa gli prese il giornale di mano e lesse a voce alta i titoli e le notizie più gravi. Un tremito cominciò ad agitarla comunicandosi al foglio; e Stefano capiva che quel turbamento era provocato da un’angoscia interna, più che dal rombo di turbine che veniva di lontano a scuotere la pace morta di quell’angolo di mondo: eppure anche lui vibrava come se nell’esile voce di lei sentisse per la prima volta l’intensità dell’ora travolgente.

La nonna ripetè il suo grido.

— E Agostino? E Agostino?

— Agostino andrà, — disse Stefano con calma crudele.

Annarosa continuava a leggere, rapidamente, cercando qua e là le notizie più