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questi, con la sua mano scura sulla tovaglia bianca, raccontava la storia della gente castigata per gli errori commessi. Lei approvava lievemente con la testa: sì, tutto si sconta. Ma che aveva da scontare lei se non di aver voluto il bene della famiglia? Però, mentre si dava questa ragione, la figura di Gioele le ripassava davanti come in quel crepuscolo di Pasqua, e le ritornavano in mente le parole dell’ultima lettera di lui.

Allora cominciò a ricordare tutte le circostanze che avevano preceduto e seguito la domanda di Stefano. Ricordava che la matrigna era stata sempre contenta del progetto. Questo era nato così, più dal desiderio ambizioso della famiglia che dalla realtà delle cose. Ogni volta che avveniva qualche matrimonio fra giovani di buona famiglia, Agostino tornava a casa facendo il calcolo della rendita dello sposo, e diceva, guardando Annarosa:

— Stefano Mura è più ricco.

La malattia di zia Paskedda aveva spinto il sogno verso la realtà. Bisognava muoversi, andare nella casa dei Mura come alla conquista d’una fortezza. Il còmpito era toccato alla matrigna.

— - E allora è accaduto così. Lei voleva conquistare Stefano per me e lo ha con-