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pozzo, e se la cucina era aperta lasciavano l’anfora nel cortile e si spingevano fino alla stanza da pranzo per salutare la nonna e scaldarsi le unghie alla fiamma.
Quel giorno tutto era chiuso per il gran freddo; ma il vento che aumentava col cadere della sera d’un tratto spalancò sbattendola con violenza la porta della cucina. A quel rumore Annarosa si decise a scendere. Venne di corsa dal corridoio e uscì nel portichetto come per vedere che cosa accadeva. Il vento le spingeva fra le gambe dritte le vesti corte disegnando le sue forme ancora un po’ dure, quasi adolescenti, le sollevava sopra la camicetta rossa le ali frangiate dello scialletto nero e le scompigliava intorno al viso bruno i capelli neri crespi.
Sebbene nel cortile non ci fosse nessuno, ella si attardò a guardare di qua e di là, coi grandi occhi diffidenti, tutta agitata dal vento come un grande pettirosso.
Finalmente rientrò, piegandosi davanti al fuoco per scaldarsi le mani; e d’improvviso, come stordita dal calore e dalla luce della fiamma, si lasciò cadere seduta sulla pietra del focolare appoggiando la testa all’anta del camino.
Allora la nonna, che già l’osservava at-