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pure, no, no! Io rispetto ancora la presenza di tua madre; mi sembra ch’essa non se ne sia andata: è attorno al focolare e alle sue casse.
Stefano ascoltava senza replicare.
— Così ti dico, Stefene; sì, bisogna rispettare la propria casa, come il sacerdote rispetta l’altare dove celebra la messa. La famiglia è sacra. E così voglio che tu la rispetti, la tua casa, adesso e in avvenire. Se hai voglia di scherzare, scherza fuori, Stefene, hai inteso? Tua madre ha dato le chiavi ad Annarosa, ma la padrona è ancora lei, e la devi rispettare.
— Babbo, lasciate le prediche e ditemi piuttosto in che cosa ho mancato di rispetto alla casa e a voi.
La sua voce sdegnosa irritò il padre. — Sono io che devo interrogarti. Dimmi che cosa voleva significare quell’idiota.
— Io non so dirvelo, ammesso pure che egli parlasse sul serio. Che quel ragazzo, Gioele, ronzasse attorno ad Annarosa tutti lo sanno. Lei stessa fin dai primi giorni me lo disse e mi assicurò di non pensare più a lui e di avergli assolutamente tolto ogni speranza. Da molto tempo egli non frequentava più la casa. E del resto son cose da bambini. Che importa, questo?