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VIII.


Padre e figlio se ne tornavano a casa silenziosi, un po’ discosti l’uno dall’altro, nelle strade buie, deserte. Era una notte tiepida, stellata, già estiva. Un canto corale, lontano, che pareva di pastori nella valle, risuonava nell’aria quieta. Stefano guardava per terra, come per vedere dove mettere i piedi, e quel canto gli dava un senso confuso di tenerezza e di angoscia: ma ascoltava anche i passi rumorosi e pesanti del padre, che pareva avesse i piedi ferrati come di un bue, e l’angoscia vinceva la tenerezza. Sentiva che il padre non avrebbe aspettato il domani per chiedergli una spiegazione. Gli sembrava già di vederlo entrare grave in casa, aspettare che il lume fosse acceso e sollevando il viso dirgli:

— Stefene, devo parlarti.