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Ebbene, ragazzi, essi erano innocenti: erano innocenti di questo delitto, ragazzi, ma su loro pesava e pesa la maledizione della prima moglie ch’essi, per potersi sposare, avevano avvelenato.
Tutti si fecero un poco pallidi: Mikedda, che s’era fermata ad ascoltare dietro la scranna della vecchia padrona, sporse il braccio seminudo per far vedere che aveva la pelle d’oca; poi tornò in cucina e si accovacciò davanti al contadino, seduto nell’angolo dietro l’uscio, guardandolo un po’ spaurita. Ricordava di aver dato anche lei da bere alla moglie moribonda di lui, quando quella non doveva bere; e aveva paura del castigo.
— Che fatti che conta, zio Predu! Proprio stasera che si dovrebbe stare allegri!
Ma il contadino continuò a mangiare, col piatto sul ginocchio, e questa tranquillità la rassicurò.
Di là discutevano. Stefano ammetteva l’esistenza di certe forze occulte di suggestione, apportatrici di bene e di male; e raccontava anche lui degli esempi; di una donna che, sedotta e abbandonata da un ricco proprietario, aspettava, in agguato dietro un muro come un assassino, che i figli del suo seduttore passassero, li malediceva, e ad uno ad uno quei