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Quando Stefano e il padre arrivarono, verso sera, la tavola era già apparecchiata, con un mazzo di rose nel mezzo. I posti erano otto. E mentre zio Predu, con la barba ravviata che spiccava chiara sul velluto nero del corpetto, sedeva accanto alla nonna e il suo bastone pareva per conto suo salutare la canna dandole dei lievi colpettini, Gavino prese Stefano per la mano conducendolo attorno alla tavola e indicandogli per chi erano questi otto posti.

— Questo è per me; qui tu e Annarosa; e son tre; qui Agostino e la mamma; e son cinque; qui la nonna; porteremo qui la sua scranna; qui zio Predu; e qui anche lui.

— Chi, anche lui?

— Zio Juanniccu. Lui non voleva, ma la nonna ha comandato. È lei che comanda. Sarà pulito: gli abbiamo fatto un vestito nuovo.

Parlava piano perchè non sentisse la nonna, occupata a discorrere col vecchio: poi tacque perchè Annarosa entrava dall’uscio di cucina, chiuso per l’occasione.