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nè triste, ma tranquillo come dopo aver concluso un affare, rientrò dalla messa Nina accompagnata da una donna anziana, avvolta in uno scialle nero. Era una vedova decaduta che, per favore e anche per guadagnare qualche lira, andava nelle case a cucinare quando c’erano pranzi o cene di lusso.

Nina salutò il contadino facendogli un cenno col capo come per dirgli «abbiamo concluso, dunque!» poi condusse la donna a vedere le provviste già fatte per la sera.

Sulla tavola di cucina, lavata per l’occasione, si stendeva un intero capretto scorticato, roseo, coi visceri rossi e violetti e gli occhi di cristallo nero velati dalla melanconia della morte; e accanto gli giacevano due grosse lepri col pelo biondo e grigio e ancora le orecchie dritte rigide come nell’atto della fuga paurosa; e dei polli nudi, pallidi granulosi come intirizziti per la loro nudità, con solo un ciuffo di penne sulla testa. Trote e sardine d’argento brunito luccicavano entro un catino verde pur esso luccicante; e un fresco monticello di piselli, e carciofi che parevano grossi bocciuoli di rose violette, e uova, uova, uova bianche d’alabastro, completavano quel quadro di natura morta.