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sto che tu hai detto a tua madre? Tu sragioni; ma lei ti ha creduto, ed io.... ed io....

— Tu ti sei offesa; ma fai male: non c’è da offendersi, della verità. Mi offendo io, quando mi dite che sono pazzo? Sono pazzo perchè sono pazzo. E so adesso tutto quello che mi vuoi dire. Lo so, sì: tu mi hai aspettato per dirmi che farei meglio a pensare ai fatti miei e a non immischiarmi nei tuoi. Ti leggo nella faccia quello che vuoi dirmi; vuoi gridarmi che sei una donna onesta e che vuoi essere rispettata: e ti dò ragione. Ti rispetto, Caterina, cognata: nessuno ti rispetta più di me. Sei stata sempre la nostra serva, sempre paziente e silenziosa; non hai goduto la tua parte di vita, e noi abbiamo sfruttato la tua giovinezza come si sfrutta una pianta di susine. Ma cosa posso farti io, adesso? Dimmelo, tu, che posso farti?

Non sei stata buona tu, a prenderti quell’uomo: hai abbassato gli occhi, dopo averli alzati; hai lasciato che la madre desse le chiavi ad Annarosa, che non le voleva. Peggio per te. Anche lui è come un bambino: ha obbedito ai genitori. Che posso farci, io?

Ella lo ascoltava, torcendosi le mani. Era inutile parlare, con lui. Si pentiva di