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gere il cognato nella cucina: e s’accorse ch’egli l’aspettava.

Stava fermo accanto all’uscio del corridoio: la lucerna lo illuminava di faccia proiettando la sua ombra sulla parete; il suo viso era pallido, con le palpebre abbassate: pareva si fosse addormentato in piedi, con la testa un po’ dondolante sul collo.

Ella si avvicinò, più alta di lui, investendolo con la sua ombra: non sapeva ancora come cominciare, ma non aveva più paura; si sentiva capace di schiacciarlo contro il muro se egli alzava la voce.

Ma egli aprì gli occhi e la guardò; e fu lei a sentirsi come buttata per terra da quello sguardo di infinito compatimento.

— Tu mi aspettavi, — egli disse; poi abbassò la voce: — che cosa c’è stato?

E pareva le offrisse il suo aiuto.

Allora la donna si turbò maggiormente; ma parlò senza sdegno, con una sorda tristezza.

— Che cosa hai detto tu di me a tua madre?

Egli rispose con prontezza insolita, quasi con vivacità.

— La verità, ho detto!