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fosse stato tutto il giorno nella valle verde, tuffato in un bagno d’erba e di luce, e tornasse riportandone la freschezza radiosa.

Annarosa appoggiò il viso ai vetri e abbassò gli occhi pieni di lacrime. Le pareva di essere sospesa in un punto misterioso, fra il sogno e la realtà: alle sue spalle risuonavano le voci che discutevano di cose volgari; e il sogno passava nella strada fra il chiarore del crepuscolo e della luna.

D’un tratto sentì come se picchiassero ai vetri. Sollevò gli occhi e vide Gioele che s’era fermato e la guardava. Le parve che gli occhi di lui brillassero come due stelle. E prima ch’ella stessa si rendesse ragione di quel che faceva corse nell’ingresso e socchiuse la porta.

La strada era deserta. Gioele tornò indietro, le si fermò davanti silenzioso, con le mani bianche abbandonate sui fianchi. Non pensava neppure a togliersi il cappello. Ella lo vedeva attraverso il velo tremulo delle sue lagrime e le pareva che la figura di lui e la strada e tutta la terra e il cielo oscillassero.

Non dissero una parola; ma una strana scena muta accadde fra loro. Ella scese lo scalino della porta e Gioele le prese