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— Bisognerebbe mandarlo nel nostro oliveto, dove tutte le notti ci sono dei buoi che pascolano di frodo, — disse Annarosa.

E si alzò, pensando che per tutta la sua vita avrebbe sentito Stefano a raccontare di queste storielle.

Aiutata da Gavino andò a prendere dalla tavola, sulla quale era stata messa una bella tovaglia antica da comunione, il vassojo dei dolci e il vino; nel tornare verso Stefano lo vide che guardava il posto lasciato vuoto da lei e le parve che gli occhi di lui, sollevandosi e incontrandosi coi suoi, fossero diversi, vivi e ardenti.

Egli la guardava come la vedesse solo in quel momento; e doveva trovarla graziosa e di suo gusto, e così china a offrirgli un calice di vino sul vassojo scintillante, perchè il suo viso s’animò di gioia.

Prese anche un dolce offerto da Gavino, ma raccontò che quando era studente e tornava per le vacanze di Pasqua la madre preparava dei canestri pieni di focacce e dolci, per lui che non ne mangiava.

— E dateli ai ragazzi o ai poveri, — le dicevo: — ma lei aveva preparato le focacce per me e le lasciava muffire piuttosto che darle ad altri.