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Ma nè Annarosa scendeva, nè Gavino rientrava. Mikedda gridò dalla porta di cucina:

— Egli sta in mezzo alla strada a spiare l’arrivo del fidanzato e dice che fa quello che gli pare e piace.

— Gli dirai che lo vuole la nonna.

Mikedda uscì e rientrò.

— Dice che non gl’importa nulla nè di me, nè della madre, nè della nonna.

— Va a chiamarlo tu, Nina mia.

La nuora uscì a malincuore, tirandosi ancor più il fazzoletto sulla fronte; ma appena mise fuori la testa dal portone vide in fondo alla strada già invasa dal crepuscolo, avanzarsi quietamente la figura di Stefano con un punto rosso in mezzo al viso pallido: e si ritrasse rapida, mentre Gavino correva incontro al fidanzato, afferrandogli la mano e toccandogli il braccio come per assicurarsi ch’era veramente lui.

Era veramente lui, alto e grave, col soprabito abbottonato, il cappello duro dal quale sfuggivano le punte arricciate dei capelli scuri. Aveva i baffi così neri, tagliati corti sulla bocca carnosa, e gli occhi così cerchiati, che parevano tinti.

Arrivato al portone si tolse il sigaro di bocca, ne scosse la cenere, poi lo guardò