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Fu stabilito che Stefano farebbe la sua prima visita il giorno di Pasqua: il venerdì e il sabato le donne pulirono la casa da cima a fondo, compresa la camera di zio Juanniccu, dove Annarosa si trattenne con curiosità. Era una stanza sotto il tetto, una specie di soffitta, ma alta e ariosa: i mobili più disparati la ingombravano, perchè egli portava su, da quaranta anni a questa parte, tutte le sedie, gli sgabelli, gli armadi e i tavolini rotti o in disuso, e li appoggiava contro le pareti, senza del resto curarsene più. Fra gli altri c’era un antico mobile di ebano, intarsiato d’avorio, dal quale erano stati tolti dei pezzi per applicarli sul cassettone della nonna, mezzo secolo avanti. Annarosa si turbava ogni volta che rivedeva quell’avanzo di mobile di lusso; le pareva un fossile, residuo di una età di preistoria famigliare, e provava un senso d’orgoglio al pensiero che la sua famiglia era antica, e capiva in certo modo l’istinto di zio Juanniccu a circondarsi di quei rottami, — rottame in mezzo ad essi.
Il sabato furono fatti anche i dolci. Tutto procedeva in silenzio, e pareva che nulla