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Perchè la canna non si accendesse il figlio Juanniccu le aveva applicato all’estremità un puntale di latta; e quel pomeriggio d’inverno la vecchia signora frugava nella cenere pensando appunto a questo suo figlio Juanniccu.

Era già quasi vecchio anche lui, ma viveva, come aveva sempre vissuto, ancora a carico della famiglia. Non per vizio, ma per indolenza, per abitudine. Le pareva di vederlo seduto accanto a lei, come un bambino incosciente, con gli abiti trasandati, i capelli lunghi sulla nuca fin sul bavero unto della giacca, la barba grigia non rasa da più giorni sulle guancie grasse e molli scavate da solchi di sofferenza indifferente: e lo rimbrottava, al solito, pur sapendo di fare cosa inutile, mentr’egli la fissava con gli occhi distratti, timidi e castanei come quelli di un cervo.

— Eccoti lì, con le mani in tasca e i piedi parati al fuoco, con le scarpe fangose come quelle dei pezzenti vagabondi. E dove sei stato? Sono tre giorni che non ti vedo. Del resto è meglio, che non ti veda. Mi sembri l’immagine vivente dei miei peccati. E chi ti può vedere? Nessuno. Ti si sopporta perchè si è cristiani; e basta. Tutti gli altri, della mia famiglia, hanno fatto buona riuscita: tu solo sei come l’ultimo pane