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dà una grossa elemosina: ed egli entra nella cucina guardandosi intorno con franca curiosità infantile; d’istinto si avvicina al focolare acceso, e si mette a sedere sulla scranna di Paolone, battendo la mano sul seggiolino della donna per invitarmi a prendere posto. Sembra lui, il padrone e la sua mano inguantata mi fa un curioso effetto, sulla paglia bruna affumicata del seggiolino, come mi sembra quasi grottesca, adesso, la sua figura impellicciata, nella luce della rustica stanzaccia. Ma non è tutto un sogno, la nostra vita? Cambiano i quadri, cambiano i colori: da un attimo all’altro può cambiare tutto il nostro destino. Ecco mi metto a sedere, al posto della Paolona, e come lei sento il bisogno di piegare la testa, di nascondere qualche cosa al mio compagno di focolare, frugando fra le brage per riattizzare la fiamma.

Ed è, in fondo, come nella Paolona accanto al marito, un senso di rispetto, di timidezza, forse anche di amore, forse anche di servilità, che mi piega al fianco di Antioco: poiché penso che egli deve conoscere la tragedia, il mio non del tutto involontario delitto, e se è lì, al mio fianco, nel luogo della mia espiazione, significa che mi compatisce, che, se pure lui ha bisogno del mio aiuto, aiuto anche lui mi porta. Siamo, insomma, al posto dei due poveri e tormentati contadini, due poveri tormentati bor-