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ta ombrelli e bastoni: ce n’è una collezione, di bastoni, col manico di legno lavorato o di osso trasparente come l’ambra. Lo studio, a destra, dove la donna mi prega di accomodarmi, non smentisce le altre apparenze: anzi ha qualche cosa di raffinato, che mi intimidisce: mobili antichi, autentici, un tappeto persiano, lampada e candelabri di chiesa, quadri, vasi, molti libri rilegati nelle nitide vetrine. Nel caminetto di marmo scuro arde il fuoco: ed io resto a guardarlo come se in casa del mio padrone non vedessi continuamente la fiamma viva: ma questa che sorge quieta e quasi immobile, nella sua cornice fredda e nera, mi sembra una fiamma dipinta, pallida, quasi rosea contro al sole che sul tappeto segna un altro tappeto dorato.
Noemi, il ricordo della tua casa mi prende tutto: ho un vago senso di allucinazione, di vertigine: mi pare che invece del podestà debba apparirmi la tua figurina silenziosa e glaciale. È lui che entra, invece, e lo vedo sotto una luce affatto nuova. È giovanissimo, con gli occhi che mi dànno l’impressione di due fiori: neri, ma dorati, e a volte quasi azzurri, forse perchè la sclerotica è di un colore perlaceo azzurrino. Anche la sua pelle, finissima, ha questo colore e le sue mani, dalle unghie bianche, delicate, sono fragili come quelle di un malato.
– La ringrazio di essersi arrampicato fino