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paese, si affacciano le belle ragazze, tutte belle, di bellezze diverse, tutte sorridenti, ma tutte a bocca chiusa perchè per lo più hanno i denti guasti, – causa, dicono, l’acqua troppo fredda che qui si beve. Non bisogna credere che queste graziose e civettissime figliuole siano del tutto popolaresche: hanno i capelli corti, ondulati o a boccoli, o perfettamente lisci e aderenti alla testa, ossigenati le bionde, lucidi di brillantina le brunette: e sono tinte fin dalla mattina presto con le sopracciglia rase, le calze di seta: ma scendono nella strada, per la spesa, in ciabatte e zoccoli, e poche sanno parlare bene l’italiano. Il loro punto di mira, presentemente sono io, sebbene la signorina della posta, la più tinta di tutte, – una vera oleografia incorniciata dal melanconico finestrino del suo ufficio, – abbia già sparso la voce che io, nonostante la mia recente sventura, sono in corrispondenza con una «ricca signora di Roma».

Gli uomini, invece, sono brutti; assomigliano ai ladroni crocefissi con Gesù; scarni, ossuti, neri ma coi piccoli occhi chiari, color ghianda acerba, la bocca maliziosa e furba. Furbi sono, questi uomini, coi quali ho già iniziato qualche trattativa per i possibili lavori: alcuni, giornalieri e manovali, lavorano intorno a un caseggiato scolastico un po’ fuori del paese; hanno paghe misere, ma da me pretenderebbero addi-