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la travolgevano, le riempivano gli occhi, la bocca, le orecchie di fuoco e di orrore: ma passarono; ella tornò a galla, rivide la luce. Prudentemente Pierina era sparita; né lei andò a cercarla. Anzi si rimise al posto dove stava prima; con le dita della mano sinistra strinse l’altro polso, quasi per fermare il corso del sangue, e tentò di uscire dal cerchio tenebroso della morte dell’altra.

«Perché? Perché?».

«Pare accusino il marito...».

«Perché? Perché?».

S’era avvelenata, o l’aveva avvelenata lui? La figura di lui era ancora lì, aggrappata a lei: ella ne sentiva l’odore, l’ansito, le parole di tragedia: e macchie violette le passavano davanti agli occhi. Sì, le ecchimosi che le mani di lui le avevano fissato sui fianchi, sulle braccia; ebbe voglia di scoprirle, di accettarle, poi si riebbe, scosse la testa, calcolò.

– Quando egli venne qui, il fatto era già avvenuto. Ecco perché egli parlava così. La responsabilità è tutta sua.

Ebbe voglia di muoversi, di uscire, correre, interrogare il portiere, la portinaia, la gente della strada, e, in fine, di vedere la vittima. Sapere, sapere, squarciare con le sue mani il mistero; sapere, sapere. Ma che doveva sapere, che già non sapesse dentro di sé? E non si mosse, anzi