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freno, ed egli possa raggiungerla in pace alle soglie dell’eternità.

Sono tornato altre volte alla villa: la signora Decobra, e neppure i vecchi si lasciano vedere; però il malato mi ha fatto trovare alcune lettere, scritte in nome suo agli «amici influenti» ai quali ha accennato nel nostro primo incontro, e in esse credo di riconoscere la caratteristica calligrafia a punte, quasi spinosa, della signora Dionisia. Padre Leone mi ha inoltre fatto intendere che l’intera famiglia Decobra è disposta ad aiutarmi con tutti i mezzi, cedendo per prima la striscia di terra di sua proprietà sotto la villa, fra la strada e il fiume.

Tutto questo mi sembra quasi un sogno: o è il premio al mio stesso sogno, di bene, di giustizia, di espiazione.

Così, io mi dispongo per venire a Roma; non ti cercherò, ma sento il bisogno, dirò anche il dovere, di tenerti informata di ogni cosa. E per questo devo dirti che le mie relazioni con Agar sono allo stesso punto di prima: ci si vede, qualche volta, in casa dello zio, ed ella mi riceve famigliarmente, nella cucina dove lavora, o nel rustico salottino dalla cui finestra inferriata i bambini si arrampicano, curiosi e molesti. Spesso è con noi don Achille, che legge il breviario o fruga fra le sue carte: egli spera sempre in me, senza mai domandare niente; ma,