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destino. E si piega, si abbandona, non reagisce. Le ripeto, è un romantico. La moglie si è uccisa, forse lei lo sa, un anno appena dopo che si erano sposati. Egli crede di essere stato la causa del suicidio; e, bisogna ammetterlo, forse non ha davvero, appunto per il suo carattere incerto, aiutato l’infelice signora a superare la sua crisi disperata: ma il male, in lei, era congenito; ella apparteneva ad una famiglia di anormali: la madre amorale, leggera e incosciente, il padre malato di tabe dorsale; anche lei, la disgraziata, di natura romantica, allevata ed educata in convento nervosa e piena d’illusioni. Si sarebbe uccisa lo stesso, anno prima o anno dopo, senza lasciare rimpianti.

Oh, verità, o almeno realtà, più di così, che vuoi, Noemi? Le tue ultime ombre dovrebbero sparire, la tua coscienza ritornare limpida come l’aria che ti circonda. Eppure ella non era soddisfatta: desiderava qualche altra spiegazione, se non rivelazione: quella, per esempio, dell’intimo, del vero pensiero dell’uomo che le sta di fronte. Perché? per curiosità umana, per istinto di dargli, se può qualche aiuto. Lo stesso istinto che la spingeva a lavorare per i bambini poveri: il desiderio di fargli, cristianamente, un po’ di bene? O sogno di farsi amare, di poter ancora una volta, prima che il calore della giovinezza svanisca, poter ancora una volta amare? O per