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l’impressione di un bombardamento aereo sopra la città mortificata. Giorno e notte durava il temporale: anche a tener chiusi scurini e persiane, i serpenti iridati dei lampi penetravano nelle camere, e le cose ne sembravano morsicate. Inginocchiata in cucina, davanti alle fiammelle del gas, Pierina pregava, invocando, questa volta sul serio, l’anima della sua nonna: ma di fuori i diavoli parevano intenti a costruire una cupola mostruosa, coi blocchi delle nuvole nere e marrone, un mausoleo funebre, per seppellire la città e i suoi peccati.

Finalmente, una sera, sopraggiunse un improvviso silenzio: l’opera infernale sembrava finita: solo, di tanto in tanto, un timido rumore di pioggia risonava come un canto religioso. Ma poi il tempo continuò nelle sue stranezze; mentre i mesi precedenti erano stati d’uno splendore quasi monotono, adesso maggio e giugno pareva si fossero dato un appuntamento aggressivo nel campo al confine della primavera, dove giocavano una partita, anzi un duello, a chi meglio la vinceva in capricci e bizzarrie che imitavano quelle di marzo. Sole, vento, nuvole, acquazzoni, tuoni e squarci di cielo diamantino, sassate di grandine e poi ore di caldo estivo, o meglio di afa, con turbini di profumi di rose e canti di usignuoli che pareva annunziassero finalmente vittoria. Un giorno, al contrario, fu