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La signora Giulia chiuse gli occhi e congiunse le mani.

— Signore, le rose centifoglie! che meraviglia di Dio. C’è mio marito che ne va pazzo e il solo lusso che si permette è di comprarne di tanto in tanto un mazzo: ma i fiori costano, e noi siamo poveretti.

— Gliene farò dare dal signor Francesco, — promise Noemi; e per sfuggire alle manifestazioni di gratitudine della signora Giulia si alzò e andò a prendere il vassoio coi bicchierini dorati e la snella bottiglia della Menta glaciale, verde e ardente come la bella Pierina, che adesso è certo nel campo di fave, col suo autista imbambolato, mentre la languida Elviruccia è seduta al tavolo dell’osteria a tenere il moccolo.

— Ma che fa, donna Noemi? Questo proprio mi dispiace, che lei si disturbi, che lei mi serva con le sue mani. Oh, grazie, grazie: basta così: è forte, questo liquore; e come squisito.

— Allora un altro pochino.

— Signora, ma le pare?

La signora Giulia allontanò il bicchierino, e fece anche un tentativo per sollevarsi, ma ricadde più a fondo, e fu tutta in potere della sua ospite; che le fece bere un altro e poi un altro sorso del liquore magico. E d’un tratto la gigantessa si commuove sul serio: la voce le si fa flautata, la parlantina, se è possibile, aumenta.