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un vago richiamo di lontananze amene, un invito di fuga. Di solito, ella non andava in villeggiatura: non ne sentiva il bisogno, poiché la sua casa era fresca, silenziosa, forse anche perché le sarebbe bastato desiderare il luogo, il paesaggio, il lido più deliziosi e costosi, per averli: inoltre era padrona assoluta della grande terrazza a nord, sopra il tetto del palazzo, nella quale il signor Francesco aveva per lei impiantato un vero giardino pensile, con alberi dentro conche di creta, una fontana, sedili, spalliere di rampicanti e persino una nicchia con una madonnina tutta cielo e stelle, inghirlandata di roselline di ogni mese. Sulla balaustrata i vasi dei gerani e dei garofani richiamavano l’ammirazione degli intenditori di fiori, tanto erano grandi e perfetti. Di lassù si dominava l’oceano della città, con le oasi dei giardini, i campi di tennis, le nuove costruzioni verso la campagna e infine si vedevano i monti, che sembravano coperti di glicini fiorite; e sull’orizzonte glauco le nuvole bianche davano l’illusione di vele: e, di sera, la luna e le immutabili stelle, amiche e compagne di rotta nel viaggio della vita. Della vita della signora Noemi, s’intende.

L’anno prima, poiché nell’inverno precedente ella aveva sentito qualche lieve dolore alle giunture, — i cardini dell’organismo umano che cominciano ad arrugginire, — era stata per due