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quasi alle ginocchia: ella si tinge lievemente in viso di un colore di pietà, ma riprende la sua maschera di ghiaccio, quando egli solleva d’improvviso la testa e si scuote tutto come spogliandosi di un vestito pesante. Con voce dura e rauca, e quasi sgretolando le sillabe di ogni parola, dice:
– Dopo tutto la colpa non è mia: e bisognava farla finita una buona volta.
Aspetta ch’ella domandi che cosa è accaduto: i suoi occhi, adesso, implorano almeno la curiosità, se non l’interessamento di lei, ma ella rimane chiusa, con le ciglia ferme. Allora egli riprende.
– Questa notte abbiamo litigato: ma che dico questa notte? È già da una settimana che non si fa che questionare, come popolani affannati; peggio ancora, come villanzoni incoscienti. E non c’è stato un attimo di tregua. Lei mi odia, io la odio; e con tutto il male che mi vuole, con tutta la ripugnanza fisica che io le desto, è trivialmente gelosa, e accusa di nefandezze le persone alle quali io porto rispetto e venerazione. E gli improperî contro di me sono terribili: pare un’ossessa, lei che pure ha avuta una educazione fin troppo stretta e religiosa, lei che è fine e aristocratica per natura. E poi quasi ancora una bambina. Ma è proprio posseduta dal demonio.