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Sorrise anche, al gobbo, con lo speciale sorriso che, d’altronde, tutti tenevano in serbo per lui, e per lui solo. Egli lo conosceva, quel sorriso, lo aspettava, lo accoglieva, ma spesso lo ricambiava con una segreta parola: — Crepa.

Non la pronunziò, per la mite e disinteressata signora Noemi: ma non ricambiò neppure il sorriso. Egli non sorrideva mai: sembrava un uomo estremamente serio, a guardarlo nel viso grande, sproporzionato per il suo piccolo corpo d’anfora; un viso virile, scuro, tutto solchi, con la bocca sensuale, i denti da roditore di ossi, gli occhi grandi e belli sebbene nascosti dalle lenti rotonde di cristallo turchino: incuteva quasi soggezione, e la piega satiresca della sua bocca significava ch’egli era pienamente consapevole, — e quasi soddisfatto, — della sua diversità dagli altri uomini. Diversità d’altronde solo fisica, perché per il resto egli se ne infischiava: aveva la sua brava moglie, la pensione, la casa, il gusto della gola, un’ottima digestione, le sue opinioni politiche, un discreto interesse per cose d’arte e di letteratura, un disprezzo fondamentale per il prossimo: che altro ci vuole per essere contenti di vivere? Sì, qualche altra piccola cosa egli voleva, e la signora Noemi, a sua volta, lo sapeva: qualche cosa che dipendeva da lei, ma che lei non voleva concedere, senza però mutare il colore dei sentimenti del gobbo verso di lei.