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geloso; e neppure desidero essere io, una notte, l’ombra che accompagna quella di lei: anzi mi illudo anch’io in un sogno di sollevare fino a me, se è possibile, l’anima di lei; e così, un po’ per istinto, un po’ per forza di volontà, conduco il fidente don Achille fino al muricciolo sopra l’orto, al posto dove un giorno ci si è seduti con padre Leone; e di questi, con una certa torbida curiosità, domando notizie. Don Achille non può che parlar bene del frate, come del resto parla bene di tutti, poiché tutto egli vede attraverso il cristallo della sua indulgente bontà. Così, con la sua calda voce che ha sempre un tono di canto sacro, mi racconta le vicende avventurose di padre Leone, che fu un giorno, come il fondatore del suo ordine, ricco e uomo di mondo, poi indossò il saio e andò scalzo per montagne e deserti; e infine, anche adesso, corre dal suo convento al convento delle suore, e di paese in paese, fino alle coste popolate di pescatori, domandando l’elemosina per i suoi fratelli e le sorelle in Cristo.

— Quanto non fa per quelle povere suore! È il loro sostegno; l’albero maestro, dice lui, che ancora sostiene la barca pericolante. È lui che procura sussidi, che persuade le buone famiglie a mandare le loro bimbe in convento; è lui che bada a queste bimbe, e le indirizza ad una vita di bene.