Pagina:Deledda - L'argine, Milano, Treves, 1934.djvu/181


— 171 —

Poi riprese a scherzare.

— Questa notizia le farà piacere, è sperabile poiché lei avrà certamente incontrato parecchie persone che non rassomigliano all’ingegnere sottoscritto.

Poi si riprese a parlare del mio progetto; mi accorsi però che anche lui non mi era favorevole, e ottenni solo la promessa che sarebbe venuto quassù per vedere come stavano le cose.

Venne infatti, qualche giorno dopo; aveva un visetto curioso, quando ci si incontrò alla fermata dell’autobus che fa il servizio postale un visetto fra volpe e agnello. E mi spiegò subito il perché:

Parce sepulto: la sua domanda è stata respinta.

Me lo aspettavo: eppure mi vinse un impeto sincero di dolore, di dispetto, anche di rimorso. Rimorso per non aver fatto meglio le cose, non aver preveduto e superato gli ostacoli, non essermi mosso come dovevo. Ho agito, al solito, da sognatore; e ne sconto la colpa. Adesso, costeggiando il fiume, che, manco a farlo apposta, s’è in questi giorni quasi seccato, come per sfuggire all’attenzione dell’ingegnere, domando ingenuamente al bravo ometto:

— Ma che cosa è venuto a fare, allora?

— Sono venuto, prima di ogni cosa perché glielo avevo promesso; poi, perché devo fare