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Non so come, l’Immagine si stacca, cade sul marmo del comodino; io faccio a tempo a prenderla, e sul rovescio leggo un nome: Agar Bellini.
Come di tutti gli avvenimenti di queste ultime settimane, la visita al convento mi lascia una impressione di sogno: uno di quei sogni di fuga, di tentativi per scampare a grotteschi e nebulosi disastri; e non ci si riesce se non svegliandosi angosciati. Cerco dunque di svegliarmi e ritornare ad una realtà relativa.
Ho lasciato una discreta offerta alle suore del convento, e ciò ha convinto la Madre che non voglio assumere altri impegni: ho disilluso anche don Achille, sebbene, a dire la verità, il restauro della chiesa mi seduca; lascio però il progetto a quando quello dell’argine sarà esaurito. Per scuotermi da questa rete d’interessi che tenta di assopirmi in vaneggiamenti infecondi, ho deciso di recarmi oggi a sollecitare l’ingegnere del Genio Civile: e, se occorre, tornerò a Roma, per meglio riuscire.
Andavo dunque a cercare la piccola macchina d’affitto che staziona pomposamente nella piazzetta davanti alla farmacia, quando da questa vedo uscire, tutto preoccupato, con un in-