Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 142 — |
ne; il loro numero, poi, diminuisce di anno in anno, appunto perché durante l’inverno le care fanciulle stanno molto a disagio; noi facciamo il meglio che si può; ma, nonostante la nostra fede, miracoli non ne avvengono. Eppure speriamo ancora. (Qui gli occhietti della Madre brillarono come le lucciole, nel tenebrore del suo funebre discorso; ed io capii benissimo che il miracolo lo si aspettava da me). Adesso, se non le dispiace, pregherò padre Leone di accompagnarla a vedere i nostri locali. Vedrà che pulizia, che precisione, che ordine. Si fa quel che si può: e di qui escono giovinette che onorano la famiglia e la società: timorose di Dio, oneste, felici.
Io l’ascoltavo; ma ascoltavo anche la voce del fiume, e il senso di oppressione che da poco mi aveva lasciato, riprendeva a serrarmi il cuore. Pensavo: ci vuole una bella faccia tosta, a parlarmi così; così, a me, che so in che modo la sventurata Pia uscì macerata da questo luogo. Ma una vaga paura si univa alla mia pena: mi pareva che la Madre giudicasse male, a sua volta, nella sua cupa coscienza, la mia impassibilità. Doveva anche lei pensare che la tragica fine dell’infelice creatura era dipesa da me. Come una colomba, ella era caduta nelle grinfe del falco assassino. E adesso, doveva pensare la Madre, adesso, signor carnefice, paghi almeno il fio del