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tissime rughe, e sopra tutto la persona gigantesca, le dànno, oltre all’aspetto imponente e ieratico, un non so che di antico, come di una statua di pietra, che più non vive una vita mortale, ma una vita da monumento. Tuttavia, quando comincia a parlare, — e parla in dialetto, poiché, al contrario delle precedenti Madri, tutte di famiglie nobili, ella è una schietta contadina, — la sua voce maschia muta l’atmosfera dell’ambiente. Anzitutto s’informa della salute del parroco; domanda notizie di Agar; notizie del nuovo podestà: è informata di tutto; e a tutte le sue domande padre Leone risponde sorridente, scintillante, con un certo spirito civettuolo, quasi voglia farle la corte: finché ella, da padrona dispotica e incurante delle adulazioni, gli ordina di far portare il caffè. Ed egli va, scivola silenzioso, sparisce; la Madre tace e mi guarda fisso si sente, per la vasta camera nuda e fredda, il rumore del fiume, padrone assoluto del luogo.
Con le mani immobili intrecciate sul grosso ventre, ella dice:
— Vede, non abbiamo neppure un campanello, qui: ne ho uno, a corda, sopra il letto lo vede? Ma ha un suono di piffero, che questo boia di fiume si mangia come ridere.
Proprio così: questo boia di fiume: ed io sorrido, compiacente, pur avendo già capito l’antifona.