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capelli, con la scriminatura dritta come un filo, in mezzo alla testa, e un nodo stretto sulla nuca, dimostra la sua indifferenza di piacere al prossimo. O è tutta una finzione, anche verso sé stessa, poiché in fondo ella si compiace di quella scriminatura bianca e sottile, che fa meglio risaltare l’oro scuro dei capelli nuovi che vi spuntano ai margini, e ancora indicano un segno quasi di fanciullezza.

Da sé rimise in ordine la camera: cosa del resto facile: il letto non sembrava neppure disfatto, e i mobili, anziché spolverare, pareva si lasciassero accarezzare dalle mani lievi e prensili di lei. Tutta la casa, d’altronde, era così, ricca silenziosa e morta come un museo: e la figura della padrona, che vi trasvolava rapida e, a volte, quasi furtiva, pareva non avesse maggior vita di quella che, uscendo lei dalla sua camera, sparì dallo specchio.

Il mistero ella stessa se lo spiegò anche quella mattina, entrando nel grande studio attiguo ai due salotti in fondo all’appartamento. Tra libri, quadri, vetrine e arazzi, vegliava un ritratto d’uomo, giovane ancora ma austero, col viso glabro d’un pallore azzurrino solcato da ombre di sofferenza fisica: il mento quadrato e gli occhi lunghi, castanei, esprimevano però una fermezza volontaria; gli occhi specialmente, vivi, fissi, a guardare un po’ di sbieco un punto indefini-