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Ma che cosa è il mio gran da fare, oggi? Poco o nulla. Dovrei recarmi al mio costretto ufficio, e poi alla Casa comunale, a riverire il nuovo podestà, al quale ieri Antioco ha già fatto la consegna. Ma questo nuovo podestà non mi interessa: nulla spero da lui, anzi lo so ostile al mio progetto: è un pensionato, un pesante ex-Ricevitore del Registro, grande cacciatore, grande pescatore di trote, sole sue turbinose passioni: del resto è un galantuomo, all’antica; anzi si adagia nelle cose tradizionali come un vecchione che ama il suo letto di legno dove da mezzo secolo usa dormire. Non mi interessa, anche perché ha un mucchio di figlie, tutte zitelle stagionate, che dalle loro finestre non fanno altro, quando sono costretto a passarci sotto, che sbirciarmi fra spaventate e affascinate. Brave ragazze del resto, oneste e laboriose: ma è da una specie di loro laboratorio di sarte, dove convengono tutte le altre ragazze civili del luogo, che scaturiscono, più che dal gruppo delle lavandaie in riva al fiume, i pettegolezzi, le allusioni, le calunnie che infestano il paese.

Dunque, resto a casa e leggo, scrivo, mi annoio, mi domando se la mia di questi giorni non è una vita sterile; se non sarebbe meglio