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Ella capisce che io voglio semplicemente divertirmi: quindi mi fissa negli occhi, ed ecco che, per reciproca cordialità, o per un senso più ascoso di confidenza, quasi di complicità, un principio di amicizia si stabilisce fra noi.

— Non lo so davvero, — ella mentisce tuttavia, caricando le tinte della sua spontanea ingenuità: – non vengono a dirle a me, le cose. Ecco, poi, quanto mi incarica di dirle lo zio: se il signor ingegnere... se il signor conte (qui ha un sorriso felino, che mi piace molto) ha un momento di tempo, se ne ha piacere, favorisca di venire alla parrocchia, per prendere una tazza di caffè.

Io però mi allarmai: potevo bene essere amico di lei, come fra di loro sono amici i ragazzi anche se cattivi, ma diffidano degli altri: sentivo che mi si voleva tendere una rete; in buona fede, certo, e non per interessi esclusivamente privati, ma, infine, sempre la rete con la quale si pesca la persona che può essere sfruttata.

Dissi, freddo, abbassando gli occhi per non incontrare più gli occhi di lei, che se avevano un po’ di sole, in certi momenti non mancavano di ombre equivoche:

— Appena suo zio starà bene, mi farò un piacere di venire: e conoscerò volentieri padre Leone. Li saluti per me, intanto: oggi ho molto da fare.