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Egli pronunzia la parola serva con accento pietoso: tanto che io, anche perché non so che altro dire, domando:

— Perché tormentata? Sembra invece placida e contenta.

— Sembra. Siamo sempre lì. È, al contrario, un’anima in pena: il marito, scomparso di guerra, dicono invece sia vivo e vegeto, in Jugoslavia, con un’altra donna: e lei si tira su un disgraziato bambino, bello ma scemo e sordomuto, e, naturalmente, non figlio del marito. Lo tiene qui, nascosto, per più ragioni, e lo adora come un idolo segreto e proibito.

Io non insisto: non ho il coraggio di sentir parlare delle disgrazie altrui, specialmente dei bambini infelici; appunto per un sentimento di pietà quasi morboso: l’assoluta assenza di crudeltà, nel mio spirito pur così triste e buio, mi fa qualche volta pensare ad un sogno, in me, di superiorità: nell’India antica, la più alta êra civile fu segnata dall’assenza completa di sentimenti crudeli.

Del resto anche il mio ospite non insiste nel parlare della sua domestica; fuma, guarda in alto con occhi quasi allucinati, verso le lampadine fisse sul soffitto che a poco a poco si velano di fumo; poi d’improvviso si alza e va a guardare alla finestra.

Senza saper perché, spinto sempre da un senso