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vanta chilogrammi di ossa e di carne. E, inoltre, abitano appunto in un quartiere nuovo, in un palazzo, sì, signorile, ma troppo lontano dal centro. In via, aspetti, via...

Io sento come se qualcuno batta violentemente alla porta: chi è? Che cosa vuole? Una buona o una cattiva notizia?

Il nome della via è quello della tua; il numero della casa quello della tua casa. La vita fa spesso di questi scherzi, in apparenza innocenti, e senza i quali sarebbe noiosa come l’esistenza dei fanciulli senza i loro giochi. Ma io, dopo il primo ingenuo stupore, penso che Antioco continui a burlarsi di me. Un po’ sadico, senza dubbio, egli deve esserlo; ne ha l’istinto; penso che ebbe una madre viziosa, che il peso di questa vergogna deve avvilirlo e renderlo crudele verso uomini, che come me, nonostante tutto, hanno una linea di vita normale e pura: penso che la signorina bionda della posta, abbia, cosa naturale, aperto qualche mia lettera, o almeno spifferato ad Antioco o ad altri, il segreto della mia corrispondenza con la signora Noemi Davila, via tale, numero tale; e che, tutto sommato dunque, il mio ospite mi prenda in giro. Ma e il gobbo? Esiste veramente un gobbo, un pensionato dell’Intendenza di Finanza, con la moglie di novanta chilogrammi di carne e d’ossa, che abita in via tale, numero tale?