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paese, e funziona anche da scaccino, e, se occorre, da campanaro, un po’ d’intonaco cadde casualmente dalla parete: con una lama da barba e, naturalmente, con la massima cautela, egli sollevò un altro po’ d’intonaco, e, come da un sepolcro miracoloso risorse il bel viso serio del Bambino.

— Qui sotto c’è un tesoro, — dice don Achille, accarezzando la parete intorno al quadro, con le dita nodose che rassomigliano a quelle del mio vecchio Paolo: — e nessuno ne vuol sapere, e neppure sentir parlare: io sono qui, a custodia di esso, come un babbione imbecille buono a niente: apposta mi chiamano don Broccolo.

Io rido, francamente: egli no, non ride, anzi si fa tutto scuro e puerilmente imbronciato, quasi imitando l’espressione del viso del putto nascosto.


Non feci promesse; né don Achille, abituato a quello stato di cose, le sollecitò: ma, certo, un vago desiderio di aiutarlo, lo ebbi subito: dopo tutto la chiesa mi apparteneva, in qualche modo, lei aveva pregato, davanti a quel freddo altare melanconico, ai piedi del quale ci eravamo sposati; là era tornata, scalza e tradita dalla