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cosette della mia parrocchia, hanno urgente necessità di un dottore.
Rise, per il suo paragone: un riso franco, direi rubicondo; del quale lo credevo incapace: ma la felicità può fare miracoli. Ed egli capiva già che il miracolo si poteva forse aspettarlo da me.
E si cammina, sulla strada chiara, ghiaiosa, costeggiando il fiume che pare ci venga incontro salutandoci con simpatia. Ecco la chiesa, accompagnata, a sinistra, cioè dall’angolo della facciata in su lungo lo spiazzo, dalla nera e scrostata casa parrocchiale, come da un’arcigna vecchia che neppure i raggi del sole riescono a rallegrare. L’abside, invece, a destra, verso il paese, tutta rosea della nuova luce, ha una dolcezza romantica di antica torre; si lascia circondare dalle erbe selvatiche, e rivestire, fra pietra e pietra, da ciuffi di rampicanti, di edera, di capperi.
Vincendo la sua falsa modestia, don Achille comincia a spiegare:
— La prima abside era poligonale, come lo indicano le fondamenta: quando la chiesa fu, una prima volta, restaurata, l’abside fu invece, ridotta circolare: e la prima doveva essere molto più spaziosa, poiché scavi eseguiti posteriormente lasciarono scorgere un altro dei pilastri divisori e la prosecuzione del fianco meridionale.