Pagina:Deledda - Il vecchio e i fanciulli, Milano, Treves, 1929.djvu/68


— 54 —

egli dichiarò, ridendo anche lui e balzando in piedi. — E te ne vai così, — aggiunse, seguendo Francesca fuori della capanna, — senza neppure guardare la tua roba? C’è una pecora malata: anche il muflone, dopo che è via tuo nonno, è sempre triste. Eccolo, è là, sotto un albero.

Francesca aveva già dato un’occhiata alle pecore assopite all’ombra delle quercie. Anche le altre bestie, i cani, i cinghialetti, il riccio piccolo come una castagna nel suo involucro spinoso, il gatto e le belle cornacchie con la coda aperta a ventaglio, sonnecchiavano qua e là negli angoli dove c’era un po’ di frescura. Solo la pecora malata stava al sole, nello spiazzo davanti alle mandrie, e si aggirava stanca, smarrita, col muso a terra, come non trovasse un posto dove accucciarsi.

— Io direi di ammazzarla, intanto che la sua carne è ancora buona e si può darla ai poveri; se invece muore bisognerà buttarla via, — disse Francesca mentre Luca le toglieva di mano la bisaccia per rimetterla sul cavallo.

— Non muore, non muore, — assicurò lui. — La farò guarire io. Ecco, —