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setti di scarlatto; e più su qualche testa nuda di paesano, dai lunghi capelli unti, raccolti in treccioline, lucenti al chiarore dei ceri; e il lento sacerdote che andava e veniva con le mani sollevate, con la tunica d’un equivoco candore tanto rialzata dietro da lasciar vedere l’orlo dei calzoni neri.

Dopo le litanie le donne intonarono i gosos, cambiando tono, ma sempre con cadenza monotona e nostalgica.

Zio Pietro sentì un leggero brivido alla nuca, e un’onda di tenerezza, di ricordi, di rimpianti, gli coprì il cuore. Appoggiò le mani al bastone, si sollevò, sedette, e la sua voce sonora s’unì alla cantilena popolare: e i versi ch’egli cantava gli ridiscendevano sui cuore con ineffabile dolcezza:

 Imploranos, de su Monte
Reina, s’eterna vida. 1

Il ritornello veniva ripetuto due volte; le voci infantili s’acuivano, diventavano piccoli gridi rauchi: poi all’improvviso si fece silenzio, e zio Pietro tornò a inginocchiarsi per la benedizione. Coi gomiti appoggiati al sedile nascose il volto

  1. Implora (per noi), Regina del Monte, l’eterna vita.