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tanta attenzione ad una serva. — Non usciamo dai limiti del galateo!
— Cominci lei! — rispose una voce.
Gli animi s’inasprirono; ma il comitato si riunì di nuovo, e chi più chi meno volentieri tutti eseguirono le banali penitenze.
Al suonatore toccò di ballare con la scopa, e se la cavò allegramente: gli venne restituito il flauto, ed egli credeva finita la sua parte, quando Paska gridò:
— Di chi è questa? — e agitò in alto, tenendola con due dita per il corto picciuolo, una grossa pera verde e lucente.
— Diavolo! — esclamò il suonatore, battendosi le mani sulle tasche della giacca. — Quella è mia! Me l’avete rubata!
— Come? Lei ha di queste provviste in sacoccia? Che altro ha? Altre frutta? Pane? Formaggio? Faccia vedere?.. Con tutta la sua poesia!...
— È mia! È mia! Non è vero che è sua! Dalla a me, Paska Carta, dalla a me, — gridavano i monelli.
Il suonatore arrossì, ma per puntiglio e per riaver la pera si sottomise alla penitenza della lettera.
Fu fatto stupidamente inginocchiare, e