Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 33 — |
mandava il suo riflesso sulle mascelle gonfie e sulle mani del suonatore.
Dopo aver fissato il bimbo delle cavallette e il ramo che spazzava il terreno intorno al falò, Melchiorre mise attenzione agli striduli accordi del flauto, seguendo con gli occhi i movimenti delle mani rosse del suonatore. E provava un impulso d’ira e di sdegno ricordando la melodia lontana udita al meriggio, e l’impressione di gelosia che ne aveva provato. Era costui che allora suonava? Questo giovanotto basso e scarno, dai capelli così rasi che lasciavano scorger la cute del cranio, dalle orecchie enormi e dalla scarsa barbetta rossa irta sul mento? E costui, col ridicolo gonfiar delle scarne guancie, era stato capace di attoscargli il cuore per tutta la sera?
— Dov’è Paska? — ruggì il suo cuore. E i suoi occhi s’accesero, e lo sguardo vagò dall’una all’altra delle paesane sedute per terra e sulle pietre, e più su sulle panchine addossate al muro della chiesa.
Paska non c’era: ed egli ne provò sollievo, ma non si mosse dal suo posto d’osservazione.
— Efisio, — gridò la voce nasale che
Deledda. Il vecchio della montagna | 3 |