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chiorre. — Ma forse le vuoi bene perchè ti somiglia. — Porse un pezzetto di pane alla lepre e proseguì: — Sì, con quelle orecchie somiglia a te e all’asino. Diavolo! — gridò ritirando la mano, — mi ha morsicato! Tutta te, ecco, che sembri sciocco e sei una volpe!

Basilio rise, tutto intento a bucar l’anguria col suo coltello.

— Lepre.... volpe.... bah! — disse zio Pietro, cui non piaceva il linguaggio aspro del figlio. — Del resto, — aggiunse, — anche la lepre ha la sua parte di perfidia. Ha l’alito pestilenziale: se sugge le mammelle d’un’altra bestia il latte di questa si dissecca. Una volta una pecora trovò un nido di leprotti, la cui madre era stata uccisa. Cosa fa la pecora, stupida? Li allatta. Ebbene, il suo agnello comincia a deperire, a deperire....

— La pecora non aveva più latte? — chiese Basilio, attentissimo.

— Sì.

— Conti d’Isoppo! (Esopo) — disse Melchiorre sprezzante.

— Eppoi, eppoi? Raccontate, zio Pietro. E la lepre? E l’agnello?

Ma zio Pietro tacque, risentito, poi chiamò il gatto: