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sfingi vigilanti nel quieto splendore del mattino; le capre ritte sui dirupi, fra i cespugli, volgevano i grandi occhi foschi in lontananza; il gatto, fermo sopra la grotta, guardava intorno coi verdi occhi socchiusi; il cane gemeva guaiti lamentosi. Che vedevano? Che aspettavano? Qual mistero giungeva?

Nella piena luce del mattino, le erbe, le fronde, le pietre, gli animali parevano vinti dal senso di attesa e di terrore arcano che tante volte aveva stretto l’anima di zio Pietro.

Veniva la morte.

Rientrando nella grotta Basilio trovò che il vecchio agonizzava. Il pastore inginocchiato a capo scoperto, con un pezzetto di cero acceso fra le dita, pregava. Nella penombra della grotta il suo volto olivastro incorniciato di lunghi capelli neri unti, appariva come illuminato dalle lagrime che lo solcavano simili a rivoli d’acqua pura sul granito.

— Che ho fatto io? — gemeva anche lui; e la morte del vecchio gli sembrava un castigo del Signore.

Basilio si gettò di nuovo al suolo; non aveva più lagrime, non ricordava che l’antica preghiera: