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— Chi è?

— Cugino tuo.

— Zia Caterina!? — interrogò Paska, guardandola un po’ stupita, un po’ spaventata.

— Non aver paura! È in casa mia e basta.

— Verrò subito, allora. Per voi!

— Per me un corno! — rispose la donna, e voltando le spalle s’allontanò, nera nella sera luminosa.

Melchiorre attendeva, dando le spalle alla porta: nella cucina si addensava il buio, e alla mobile luce rossastra della fiamma grandi ombre tremavano sulle pareti.

Ancor prima che zia Bisaccia rientrasse, egli sentì dei passi leggeri e un tintinnio di campanello nel cortile. Si volse e vide una donna, un bimbo e un cane fermi sulla porta.

— Paska, — disse, alzandosi, — perchè hai condotto questo signorino?

Il bambino guardava con occhi spalancati; Paska sollevò e corrugò le sopracciglia, accennando a Melchiorre di esser prudente.

— Siamo venuti per cercar zia Caterina, che mi voleva. Dov’è?