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silenzio dell’ora come un pianto di bimbi abbandonati nel bosco.

Dal mare saliva l’aurora aranciata e i gridi delle gazze attraversavano l’aria quieta.

Più tardi Melchiorre partì, sul suo cavallino, attraverso i sentieri umidi di rugiada. A Nuoro smontò nel vicinato di Sant’Ussula, davanti a una casetta d’apparenza meno miserabile delle altre, ove abitava una donnicciuola benestante e avara che per pochi soldi s’incaricava di vendergli il latte, e gli faceva il pane e gli lavava e rattoppava le vesti. La viuzza era deserta; alcune galline giallastre e nere correvano silenziose, lasciando l’impronta delle zampe sulla polvere e acchiappando a volo qualche mosca. Sulla facciata di granito della casetta s’aprivano due finestre di legno rosso con un piccolo vetro nel mezzo; la porta d’entrata dava in un cortiletto aperto, quasi tutto occupato dal babizone, bizzarro riparo composto di quattro grossi tronchi che ne sostenevano altri sui quali s’ammucchiava una grande quantità di legna da ardere. Questa forte tettoia serviva di riparo al bestiame da tiro quando si doveva farlo pernottare in città.