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44 | il sigillo d'amore |
solitario già dormiva anch’esso nel silenzio dolce della sera. Io sembravo la portinaia seduta fuori a prendere il fresco. E la sedia mi pareva ancora più comoda di prima, e me le sentivo già affezionata per le comuni vicende.
Ma non potevo passare la notte in quel posto, per quanto la luna nuova sospesa sopra gli alberi mi invitasse a restare: d’altra parte non mi sentivo semplice e forte fino al punto di trasportare io la sedia: l’aggiustai quindi bene contro il muro, all’ombra sporgente di un salice, e ancora una volta mi affidai alla divina provvidenza.
*
Ed ecco fatti pochi passi vedo una coppia d’innamorati. La donna è appoggiata al muro e piange e dice male parole: l’uomo è un giovanissimo operaio che io riconosco perchè ha lavorato ultimamente in casa mia. Anche lui parla fitto fitto e inveisce contro la ragazza; a quanto capisco è una scena di gelosia; e una luminosa idea mi attraversa la mente: fare del bene a quei due e ricuperare la mia sedia.
— Buona sera, — dissi al giovine, che riconoscendomi salutò anche lui con rispetto. — Non potreste farmi un favore?