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La sedia 43

si sbandano, altri dicono di fermarsi lì ma solo per tre minuti, ad aspettare il ritorno dell’amico.

Allora questo, che prosegue solo con me, diventa svogliato, dice che è stanco, che la sedia pesa, e ad ogni passo domanda se c’è molto ancora.

Siamo in una strada solitaria, poco distante dalla mia, ed è quasi notte: anche qui scavi, ingombri, ostacoli.

— È questo il suo cancello? Lei mi ha detto che c’è un cancello sotto gli alberi. È questo? — domanda con insistenza il ragazzo, fermandosi in un punto scuro della strada, davanti a un cancello chiuso.

— È questo, sì, — si risponde da sè.

Non c’è verso di convincerlo a proseguire: rinunzia piuttosto al resto della mancia, pur di raggiungere gli amici prima che i tre minuti siano passati; e sparisce in un lampo.


*


Che dovevo fare? Feci come quel filosofo che avendo molti problemi da risolvere pensò bene di andarsene a dormire. Così io sedetti sulla mia sedia, accanto al cancello chiuso di là del quale, intorno a una villa, un giardino