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e spolvera i mobili e i pavimenti solo dalla parte visibile: eppure la padrona non le dice niente: possono mai i timidi uccelli parlare con gli spauracchi delle vigne e dire loro: levatevi di lì che ci vogliamo stare noi? La signora anzi cerca di evitare la «signorina» come un astro intelligente che gira al largo da un pianeta pericoloso.

E poi ha tanto da fare in cucina: prepara la tavola dove il marito e i figliuoli fanno colazione in piedi, pronti a volarsene via dal nido domestico: il buon pane quotidiano è già lì, e le bianche tazze vuote aspettano la gioia di essere riempite. La madre di famiglia beve solo una mezza tazza di latte, senz’altro, e pare lo faccia per dovere, come si trangugia una medicina, buona ma sempre medicina. E poi ha tanto da fare: ha da rimettere in ordine le cose ribaltate dalla serva, e cominciare il rito, davanti al fuoco violetto del gas, dei pasti domestici.

Si comincia dal caffè: il caffè, amico dell’uomo, suo sostegno e lieto consigliere finchè l’uomo non ne abusa come fa con certi amici troppo buoni. La cuccuma balla sulla fiamma; le dita bianche e quasi infantili della signora stringono il cucchiaino come un fiore d’argento, e tutta la persona di lei è protesa sul nero abisso dal quale esala un aroma d’oriente che vorrebbe ubbriacare l’attenzione di lei. Ma lei