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268 | il sigillo d'amore |
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A dire il vero il leone io l’avevo già intravveduto, nel mio stesso presentimento. Quindi non ricordo di essermi spaventata e neppure stupita. O forse il coraggio mi era cresciuto in tutto quel tempo di noia e di meditazioni sulla inutilità dei nostri vecchi sentimentalismi e pregiudizi: fatto sta che spalancai la porla, e mentre invitavo il giovine ad entrare, guardavo in alto, verso i miei esterrefatti vicini di casa, pensando quasi con allegria ai loro commenti sui personaggi e le visite che io ricevevo.
Il giovine però non si decideva ad entrare.
— Ho condotto io la macchina e non posso lasciarla sola, capirà, per quanto la gente non si avvicini.
Non era vero. Un operaio che passava in quel momento, con la giacchetta sulla spalla e fumando la pipa, s’era fermato a guardare; non solo, ma con tanta tranquillità che si tolse la pipa di bocca per sputare.
Anche il leone, per dire il vero, non dimostrava la tradizionale ferocia; non si agitava neppure come quelli dei giardini zoologici. Era davvero un leone straordinario, con gli occhi fissi e imbambolati di agnello, e la giubba, di